Vittime o colpevoli? La zona grigia della memoria

Massimo Marino | 27/01/2013 | Corriere di Bologna / BOblog

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Vittime o colpevoli? La zona grigia della memoria

Il pubblico è seduto in cerchio. Gli attori, vestiti in nero, sono sistemati in tre punti del circolo. La zona grigia è uno spettacolo interattivo molto semplice e eccezionalmente efficace per celebrare in modo non retorico la Giornata della memoria. In due ore sentiremo prima raccontare la storia del ghetto di Lodz, in Polonia, con le complicità con gli aguzzini nazisti che le stesse vittime accettarono; saremo poi chiamati a esprimere il nostro parere sul “Presidente” di quel ghetto, se sia stato vittima o carnefice;  saremo invitati infine a motivare la nostra scelta in una discussione che incrinerà parecchie certezze. Il teatro diventa – come doveva essere un tempo, in qualche mitica origine, come non è più – domanda alla collettività, richiesta a ogni spettatore di guardarsi dentro e di esporsi.

Si tratta di una performance, vista il 26 gennaio alla Mediateca di San Lazzaro(BO), firmata dalla Scuola di pace di Monte Sole e da quella splendida realtà teatrale che è Archivio Zeta, una compagnia che ogni anno in agosto rappresenta una tragedia antica al Passo della Futa, nello scenario lacerante del Cimitero di guerra germanico. Il progetto si chiama Meta, Memory Education Theatre Action.

La storia del ghetto di Lodz, istituito dai nazisti per rinchiudere e separare 160.000 ebrei dal resto della popolazione della città polacca, viene ripercorsa a partire dalla storia narrata da Primo Levi nei Sommersi e salvati, l’ultimo libro dello scrittore , del 1986. Iniziano, gli attori, Gianluca Guidotti e EnricaSangiovanni, con Mattia Seligardi della Scuola di pace, con una recitazione antinaturalista, teatrale con leggerezza, a marcare la distanza tra noi e i fatti, a precipitare in un’aura solenne, di tragedia, mostrando una moneta di cui parla Levi, recuperata tramite una ricerca su internet e acquistata su e-bay. Era quella in corso nel ghetto. Narrano di come costituisse un equivalente delle somme rapinate agli ebrei, ma con valore solo per gli scambi tra le mura della zona recintata. Poi illustrano la figura di Chaim Rumkowski, piccolo industriale israelita insignito dai nazisti della dignità di Presidente, un riconoscimento sociale capace di solleticare la vanità dell’individuo, che diventava il mediatore della comunità con i tedeschi, quello che doveva far eseguire le loro criminali ingiunzioni. Insomma: una vittima o un colpevole?

Il racconto viene illustrato con immagini, stampate su compensato e affidate agli spettatori, in diversi punti del cerchio. E diventa terribile quando viene letto il discorso di Rumkowski per convincere i suoi “cittadini” che si devono adattare a inviare nei campi di lavoro (di sterminio, sappiamo noi) i bambini sotto i dieci anni e gli ammalati, 20.000, quanti ne hanno chiesti gli aguzzini.

Quelle sbiadite foto di tempi tragici, con un intenso ritratto dell’autore che li ha narrati, Primo Levi, saranno poi raccolte al centro, in cerchio, intorno a un cartellone con una macchia nera e una bianca, circondate di grigio. Si chiederà ai partecipanti di votare, tramite un sassolino, come nell’Atene antica: è un carnefice o una vittima, Rumkowski? E molti spettatori la loro scelta l’abbandoneranno sul grigio che circonda le due macchie.

A questo punto lo spettacolo diventa discussione: si chiede di motivare le scelte. Il dialogo tra gli spettatori si fa incalzante, mentre, a poco a poco, la guida, Mattia Seligardi, anche con altre letture evoca quel concetto a cui Levi ha dedicato un capitolo dei Sommersi e salvati: la zona grigia, quella dove le vittime si confondono con i carnefici, dove con loro collaborano, per debolezza, perché non hanno alternative, perché sperano così di sopravvivere…

Sveliamo il discorso finale, tanto crediamo che l’esperienza di questo spettacolo sia così forte che nessuna anticipazione può “bruciarla”. La guida, riprendendo le contraddizioni che hanno attraversato l’assemblea, ricorda che forse a celebrazioni come la Giornata della memoria bisogna togliere l’inevitabile retorica, che finisce per non fra scorgere precisamente la realtà, quella di allora e quella in cui siamo immersi oggi. La totale, facile identificazione con le vittime e l’indignazione corrono il rischio di assolvere le coscienze senza mettere in discussione a fondo le persone. Quello che bisognerebbe chiedersi è come, perché,  con quali complicità i carnefici sono riusciti a fare ciò che hanno compiuto. Forse all’orrore si è arrivati grazie a tanti uomini normali, medi, né buoni né cattivi, che per quieto vivere hanno accettato, hanno collaborato; che con piccoli gesti sono arrivati a precipitare nell’orrore. Cosa si può fare per uscirne? Quali sono le nostre zone grigie, oggi, nella vita quotidiana? Con queste domande insinuanti, e con l’invito  a rispondere scrivendone alla Scuole di pace di Montesole, via San Martino, 25 – 40043 Marzabotto (BO), ci lascia, questa esperienza che ha scavato dentro, a fondo.

Le fotografie si riferiscono a differenti repliche. Quelle in bianco e nero sono di Franco Guardascione.