Il dramma di Prometeo? Una riflessione sul rapporto tra uomo e tecnologia

Christian Chiaruzzi | 21/08/2008 | Giornale di Sicilia

Segesta Festival.
Debutto siciliano domani sera per lo spettacolo diretto da Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni.
Musiche di Giovanna Marini.
Gli autori: prima tappa di un progetto triennale «Il dramma di Prometeo? Una riflessione sul rapporto tra uomo e tecnologia»

PALERMO, Il confronto fra umanità e divinità non si è di certo esaurito con i cicli della mitolologia greca, di fatto però il Titano Prometeo, come lo fu per Eschilo, anche oggi, è perfetto interprete di quelli che sono o dovrebbero essere i limiti degli esseri umani e delle loro capacità.
Domani sera a Segesta al suo debutto siciliano, il “Prometeo incatenato” di Eschilo (in replica all’alba di domenica e la sera al castello di Calatafimi), diretto da Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni e con le musiche originali di Giovanna Marini.
Come si inserisce Prometeo nel vostro progetto Uomo/Techne? “Prometeo è la prima tappa del nostro progetto triennale – spiega Enrica Sangiovanni – che approfondirà l’analisi del rapporto che lega l’uomo alla tecnica, tecnica intesa come tutto ciò che è artificiale, che l’uomo crea e che in qualche modo è altro da se ma gli permette di intercedere con la natura, di operare in sua vece nel bene e nel male”.
Il vostro Prometeo non demonizza quindi ne la tecnica ne la tecnologia? “Nessuna demonizzazione, la tecnologia non è di per se malvagia; le mani di un uomo non na scono assassine finché quel uomo non decide di usarle per uccidere.
Il nostro lavoro è rivolto a tutto quello di cui l’uomo è circondato e a tutto quello che l’uomo circonda racchiudendolo in se”.
Il vostro è un teatro di parola, che poco chiede alla tecnologia, quindi niente microfoni o amplificazioni di sorta? “Assolutamente, il nostro è un teatro di parola, detta, pensata, provata e riprovata.
Abbiamo ritradotto Eschilo dal greco e delle parti utilizzate nello spettacolo abbiamo operato una traduzione filologica, si preoccupandoci che mantenesse tutta la sua liricità, ma che fosse comprensibile e il più possibile consonante alle orecchie del pubblico in un teatro.
Come è nato il sodalizio con Giovanna Marini? “E’ nato un anno fa, ci siamo conosciuti per caso e appena abbiamo scorso dell’interesse, da parte sua, nel nostro lavoro le abbiamo chiesto di scrivere le musiche per i cori dello spettacolo.
Strada facendo i cori si sono costruiti sia in greco che in italiano.
Sono eseguiti da un trio di cantanti di cui io faccio parte ed è nato un vero e proprio secondo copione che abbiamo definito in 4 mesi di lavoro”.
Prima di cadere nell’abisso quale messaggio lancia il vostro Prometeo? “Se mai arriverà il tempo in cui non ci sarà più bisogno della parola per l’uomo rimarrà solo la possibilità di affidarsi al suo buon senso”.
Christian Chiaruzzi