(ph:Alessandro Pastore)

Kahuna è il titolo della mostra collettiva curata da Leonardo Regano, allestita nell’ex chiesa di San Mattia di Bologna dal 2 al 18 febbraio. È anche un’antica parola hawaiana che nel tempo ha assunto un significato magico, sacrale. Kahuna indica lo sciamano, entità sacra il cui potere sapienziale riesce a connettere umano e divino, materia e spirito. Gli artisti in mostra, infatti, si pongono come nuovi sciamani contemporanei, perché la loro arte attesta un bisogno di riappropriazione di quel Sacro che il presente sradica a colpi di una ratio troppo spesso cinica, spasmodicamente fiduciosa nella tecnica.
È qui che si innesta la performance di Archivio Zeta attraverso Catarsi, titolo che Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti scelgono per la lettura in traduzione, itinerante e monologica, di frammenti dal I libro del De rerum natura di Lucrezio, realizzata in due giorni. I versi del poeta si fondono con le immagini degli artisti, in un gioco di forme e suono che vive grazie alla voce degli attori, una voce che sostiene il peso della parola latina attraverso l’attento impiego di pause, dosando il volume e bilanciando gli accenti. A leggere sembra quasi il poeta stesso.
Gli attori radunano il pubblico attorno alle 33 erbe di Giuseppe Penone, serie di litografie in cui si intrecciano colore e parola scritta. È il luogo perfetto per avviare la lettura del proemiale inno a Venere, ode alla potenza della natura e espressione dell’energia del cosmo, mentre riecheggia nella navata il rintocco delle campane tibetane dell’opera Orbite di Gregorio Botta. Come in una processione, gli ascoltatori sono condotti tra gli Atlanti di Sophie Ko e Airshape One del duo First Rose, tra taglienti forme geometriche e sfere sospese nell’aria. È qui che Lucrezio elogia Epicuro e la sua dottrina, che schiude gli occhi al vero attraverso l’uso della ragione. Da una parte, il pigmento blu intenso incastonato in lastre irregolari di vetro, simili a pezzi di cielo; dall’altra, un pallone aerostatico nero che fluttua a un palmo da terra, indisturbato. Lo slancio del poeta che vuole illuminare la strada di chi si avvia alla vera conoscenza del cosmo chiude la performance. Il pubblico è guidato davanti a un enorme tessuto che cade dall’alto, come un sipario, e sul quale l’artista, Claudia Losi, illustra la grandezza e la diversità del mondo animale (Untitled Animals).
Agli attori serve solo una manciata di minuti per dar vita a un cortocircuito della logica. Se la ratio governa l’opera di Lucrezio, è pur vero che i suoi versi risuonano tra opere il cui intento è scoprire l’altra faccia del cosmo: il caos informe, la pulsione irrazionale. Scegliere quest’opera indica l’attenzione di Archivio Zeta a voler dar voce, oltre che forma, al fine ultimo di Kahuna. Come gli artisti, i due attori diventano essi stessi sciamani che conducono alla Catarsi, per comprendere che il Cosmo non esiste senza Caos, la luce della conoscenza senza il buio dell’incomprensibile.

 

Martina Bubba