La montagna incantata
02/04/2025
dramma.it
Paolo Randazzo
La montagna incantata – GENERALE
Erano due le scommesse d’arte che Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni dovevano affrontare per realizzare, nel continuum di un’unica serata/maratona lo spettacolo “La montagna incantata” che avevano precedentemente proposto in tre spettacoli,
annuali e autonomi dal 2022 al 2024, nel Cimitero militare germanico del Passo della Futa (tra le province di Firenze e Bologna). Nell’atmosfera della Futa quegli spettacoli s’impregnavano quasi automaticamente di senso, pensiero, storia, tragedia e la prima scommessa era trasformarli in tre segmenti, tre respiri di un lavoro teatrale unitario, la seconda scommessa era riuscire a mantenere, sulla scena e nel pubblico, una tensione vera e costante, di consapevolezza, comprensione ed emozione, per la durata lunga di sette ore. Scommesse artistiche che sono state sostanzialmente vinte. Raccontiamo della maratona teatrale realizzata appunto dalla compagnia bolognese Archiviozeta su “La montagna incantata” di Thomas Mann (scritto nel 1912, ma pubblicato nel ‘24) che si è vista sulla scena dell’Arena del Sole di Bologna sabato e domenica 22 e 23 marzo. La drammaturgia e la regia sono di Guidotti e Sangiovanni (che curano anche l’allestimento scenico), la partitura musicale complessiva è di Patrizio Borontini, in scena ci sono Diana Dardi, Antonia Guidotti, Gianluca Guidotti, Pouria Jashn Tirgan, Giuseppe Losacco, Andrea Maffetti, Enrica Sangiovanni, Giacomo Tamburini, Francesco Canfailla (che suona anche il violoncello dal vivo). Solo con la voce ha partecipato anche Omar Giorgio Makhloufi. I filmati, usati con intelligente parsimonia per la scena, sono stati scelti in collaborazione con la Fondazione Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia. Scommesse vinte: perché i tre spettacoli sono stati ripensati non provando a sostituire la potenza visionaria e significante del cimitero della Futa con immagini importanti o sfondi significativi, ma lasciando in bianco il fondo della scena (o coprendola per intero con un leggero “velato”) e affidando al lavoro degli attori, alla sua forza, al suo ritmo espressivo, la possibilità di agganciare il pubblico e guidarlo nei meandri di un romanzo di vertiginosa potenza concettuale. E forse è questa la prima qualità dello spettacolo che si è visto a Bologna: una visibile crescita artistica degli attori e delle attrici, nonché dell’intero ensemble che, coralmente appunto e con un ritmo ben pensato, ha retto l’impresa per intero. Ma come è noto, la regia teatrale è opera di pensiero prima che d’arte e di mestiere e, anche in questo caso, il principale nodo da sciogliere era quello che concerne la forma dello spettacolo, ovvero il passaggio di un’opera di natura narrativa a un’opera di scrittura e struttura drammaturgica. Da narrazione a dramma, da romanzo a teatro. Una questione che Guidotti e Sangiovanni hanno certo già dovuto affrontare nei tre episodi realizzati alla Futa, ma forse questa volta, al chiuso della scatola teatrale e nella durata lunga della maratona, con più necessità e urgenza. Come l’hanno risolta? Non tanto, o non solo, passando – consapevolmente – dalla terza persona della diegesi alla prima persona del protagonista (Hans Castorp recatosi nel sanatorio internazionale di Berghof a Davos in svizzera per una visita di programmata per tre settimane a un cugino e poi rimasto lì per sette anni, a continuo contatto con la malattia – la tubercolosi – e la morte, fino alla scoppio del grande tuono della guerra mondiale) e dei diversi altri personaggi che agiscono in scena, compreso il Thomas Mann, “mago” e profeta, che compare all’inizio e alla fine del terzo segmento (un sorprendente e convincente Andrea Maffetti). Quanto mantenendo ferma la dimensione narrativa dell’intera opera (e non potrebbe essere diversamente, perché questo romanzo è anzitutto una riflessione sul senso e sul movimento della storia) e poi lavorando di cesello teatrale sulla dimensione dialogica, tragica e verticale di ogni singola scena-quadro scelta: non solo l’azione insomma ma, sbalzate dai dialoghi del romanzo, le sue motivazioni profonde, le dinamiche interpersonali e, ancora, il contesto di pensiero, lo sprofondo – consapevole o meno – della mente nella dimensione della malattia e in quella della violenza bellica come dimensioni ordinarie e forse irredimibili della modernità occidentale.
Ecco allora che alcune scene, battute, riflessioni e situazioni assumono un respiro di angosciante, attualità: il contagio e la malattia, la parzialità e l’insufficienza delle attitudini razionalista e irrazionalista del pensiero politico e filosofico (simboleggiate nel romanzo da Lodovico Settembrini, massone illuminista e ottimista e da Leo Naphta, intellettuale nato ebreo e convertitosi prima al cattolicesimo, come gesuita, e poi al marxismo) nel proteggere l’umanità da se stessa, l’inevitabilità (sensuale e vitalistica e però tremenda e bugiarda) della guerra, l’aggressività dei nazionalismi e in particolar modo la natura quasi ancestralmente espansionistica della Russia. Certo non sono poche sette ore per uno spettacolo teatrale contemporaneo, ma si tratta in questo caso (come per la semplice lettura del romanzo di Mann) di un’esperienza di pensiero e di passione per l’umanità che, senza dubbio, val la pena di attraversare.
La montagna incantata. Bologna, Arena del Sole, Teatro delle Moline. 22 e 23 marzo 2025. Una maratona teatrale dal romanzo di Thomas Mann. Drammaturgia e regia di Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni / archiviozeta. Partitura musicale: Patrizio Barontini. Con Diana Dardi, Antonia Guidotti, Gianluca Guidotti, Pouria Jashn Tirgan, Giuseppe Losacco, Andrea Maffetti, Enrica Sangiovanni, Giacomo Tamburini. Violoncello: Francesco Canfailla. E con la partecipazione in voce di Omar Giorgio Makhloufi. Scenografia, costumi, oggetti Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni. Sartoria e costumi: Carnevale “Notte di Valpurga” Les libellules Studio e Elena Fregni. Invenzioni e tecnica: Andrea Sangiovanni. Luci di Camilla Mazza. Assistenza canto corale: Gloria e Giovanna Giovannini. Assistenza coreografia: Carolina Giudice. Filmati d’archivio, in collaborazione con Fondazione Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia. Produzione: archiviozeta, Emilia Romagna Teatro ERT/ Teatro Nazionale.
Foto Franco Guardascione
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