Requiem Antigone di Archivio Zeta

Monica Centanni e Peppe Nanni | 03/10/2020 | corpi e politica

Lo stato farmacopornografico si è comportato come un Creonte neoliberista,
che c’impedisce di seppellire i nostri morti perché sarebbero diventati dannosi
per una comunità che sogna di essere immunizzata.
Noi, i figli bastardi di Antigone, esigiamo cure e celebrazione
dei corpi dei nostri amati ammalati di covid, sia vivi sia morti.
Paul B. Preciado, Inno al corpo

Fotografia di Franco Guardascione

Non poteva che essere Archivio Zeta, di cui conosciamo le rappresentazioni di testi tragici allestite sul fondale suggestivo del Cimitero tedesco sul Passo della Futa, a incrociare il mitema tragico di Antigone con l’emergenza – emergenza sanitaria ma anche, soprattutto, psico-politica – legata al Covid 19.

Infatti, facendo leva su una cornice altrettanto eccezionale come il cimitero San Cataldo di Modena e in particolare sul cubo metafisicamente essenziale di Aldo Rossi, Archivio Zeta, con la sua sensibilità artistica, mette sotto accusa i divieti di stampo tebano dei rituali di sepoltura dei morti, imposti durante il periodo clou dell’epidemia. Il sequestro dei corpi dei moribondi e dei morti e la proibizione dei rituali di sepoltura: è stata una violazione, inaudita, del dovere/diritto primario alla cura dei propri cari, all’assistenza agli infermi, all’accompagnamento alla morte. Non era mai accaduto: Creonte è stato superato.

Vulnerando il diritto primario alla sepoltura e all’elaborazione del lutto, i decreti governativi, mentre colpivano il corpo fisico dei cittadini, incidevano contemporaneamente nella carne viva del ‘corpo poetico’: Questo pare essere il grido teatrale della compagnia. A essere gravemente incrinate sono state le capacità espressive dei più umani dei sentimenti, raddoppiando e amplificando la morte fisica con la perdita di senso dell’esistenza, sequestrato insieme alle bare dei funerali negati.

Deve essere messa in luce la costanza e la tenacia di questa piccola compagnia teatrale che testimonia l’autenticità e l’intensità dello sforzo creativo anche nella difficilissima situazione che colpisce, ancor più per quanto non accada per altri settori, il mondo dello spettacolo e in particolare quello teatrale, che non può esistere se non afferrando fisicamente la diretta presenza dello spettatore.

Alla compagnia di Guidotti e Sangiovanni va riconosciuto un supplemento di merito per la peculiare capacità di intensificare la latente riserva di vibrazioni emozionali dei luoghi: a San Cataldo, come alla Futa, il concentrato di memoria, di energia e di qualità architettonica, è riattivato attraverso l’azione teatrale. La potenza suggestiva dell’ambientazione è chiamata a far da palcoscenico alle nostre passioni: una complicità delle forme materiali che certifica l’effetto di verità dei gesti dei corpi degli attori e dei testi che risuonano grazie alle loro voci.