Il mito nella roccia

Mario Spezi | 04/08/2008 | Corriere Fiorentino

Prometeo è incatenato al sasso di San Zanobi

La tragedia greca di Archivio Zeta «Il nostro teatro, di montagna e di resistenza»
di MARIO SPEZI

Non se ne sta più su qualche monte del Caucaso, la porta della Scizia o Russia che dir si voglia.
Fino al 17 agosto Prometeo è incatenato a una roccia dalle parti della Futa, esattamente al Sasso di San Zanobi, che si raggiunge superando il Passo della Raticosa e poi andando a destra, in direzione Piancaldoli, qualche chilometro, quindi, oltre il cimitero dei soldati tedeschi che fino a pochi giorni fa è stato struggentemente Tebe, la città di Edipo e di Antigone, o Susa, l’antica capitale dei nemici Persiani sconfitti dai Greci a Salamina.

Certo, è ancora Eschilo e ancora grande tragedia greca proposta in scenari, che per i loro aspetti e per i significati che si portano addosso sono l’eco di quei drammi, da Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni, i fondatori dell’associazione culturale Archivio Zeta, due autori e produttori indipendenti che vivono sui monti dell’Appennino tosco-emiliano.
Il Sasso di San Zanobi, da secoli intriso di leggende, è una rupe ai confini del mondo, una rupe nera, una parete, dicono i geologi, olititica, che proprio in greco vuol dire pietra di serpente, per il colore delle striature verdastre e violacee.

Per questo “Prometeo incatenato” ci sarà solo quella roccia nuda, la natura, il paesaggio.
Nessuna scenografia, nulla di artificiale, nemmeno amplificazione, né per gli attori né per i suoni.
Nessuna ifiuminotecnica, tutto si svolge alla luce naturale.
«Siamo – dice Gianluca Guidotti alla tragedia statica, verticale. I personaggi vestono abiti contadini e da pastori. Il nostro è teatro di montagna, teatro di resistenza perché oppone al tempo ossessivo della modernità, il tempo ciclico della natura in cui l’uomo ha vissuto per secoli. Il nostro è teatro di Parola.

Abbiamo deciso di ambientare “Prometeo incatenato” al Sasso di San Zanobi perché questo è Caucaso, la Scizia eschilea, luogo alla fine del mondo, itinerario fuori dalle rotte consuete ma da riscoprire, a pochi chilometri da Firenze e Bologna Fare teatro in luoghi simbolicamente importanti è una sfida al teatro stesso, ma è anche esperienza e rivelazione, perché quelle parole antiche messe in relazione con questo luogo parlano nuovamente con la forza e la necessità con cui sono state scritte.
E i luoghi tornano ad essere animati da presenze ed emozioni che un tempo transitavano lungo i crinali».

Il ricordo di chi ha fatto l’esperienza di vedere “I Persiani” nel Cimitero Militare Germanico del Passo della Futa gli dà ampiamente ragione. In quella tragedia Eschilo fa parlare i nemici appena sconfìtti.
E per loro mostra pietà, persino dolore, e rispetto. Le loro parole sono importanti, perché è attraverso quelle che i vincitori si vedono. Il nemico va battuto, non distrutto: gli si deve lasciare la parola, vetta di civiltà da duemilacinquecento anni forse mai più raggiunta.
E se a questa tragedia si assiste su una collina dove, avverte una targa, sono sepolti 30863 soldati tedeschi, molti – basta gettare un’occhiata sulle lapidi grige – di 20,18 0 soli 17 anni, molti senza mai più un nome, ebbene le parole di Eschilo riescono a parlare ancora più in profondità.

Per ‘Prometeo incatenato” la prenotazione è obbligatoria, o collegandosi al sito www.archivioze ta.eu o telefonando al numero 334-9553640.